Carlo Presotto

LABORATORIO TEATRALE SULLA LETTURA

 

DELLA PERGAMENA E DELLA CARTA DI RISO

Studio N.3

 

La difficile arte di essere semplici a teatro passa necessariamente attraverso una rigorosa disciplina del corpo, del pensiero e dell’emozione. Non ci sono scorciatoie, non c’è né talento né sacro fuoco che non vada quotidianamente rimesso in discussione dall’incontro con lo spettatore, da una relazione appassionante e faticosa.

Ma allora perché spendiamo così tante energie per la nostra arte, si chiedeva un maestro. Per narcisismo, esibizionismo, voglia di affermarci? Non basta.

Chi sceglie questa disciplina, come molte altre, lo fa soprattutto perché attraverso questa strada persegue il desiderio di costruire se stesso, di mettersi in moto intorno ad un punto di equilibrio condividendone il continuo movimento.

 

Obiettivo del laboratorio è quello di creare uno scambio di esperienze e di saperi intorno all’arte segreta dell’attore.

La via scelta è quella della seta, da Venezia al Cataio, passando attraverso i porti del mediterraneo, risalendo verso il lago di Van e Samarcanda, oltrepassando i deserti e le steppe per incontrare il grande Kublai Kahn (quel fiol d’un can, come dice un nostro poeta) e narrargli le mille città invisibili e la linea dell’arco.

Guide in questo percorso saranno Marco Polo (Il Milione scritto in italiano da Maria Bellonci) ed Italo Calvino (Le città invisibili), Hugo Pratt (La casa dorata di Samarcanda), Sun Tzu (l'arte della guerra) e Lao Tze (la via del Tao) Dong Yue (Il sogno dello scimmiotto), Matteo Ricci (Dell'amicizia), ed infinite possibili altre, come infiniti sono i fili d’erba della steppa su cui corre il cavallo.

Per accedere al laboratorio ogni partecipante dovrà scegliere tra uno di questi testi (o eccezionalmente altri) :

- una pagina da leggere in piedi ad alta voce in piazza

- una da leggere a fior di labbra all'orecchio di una persona cara

- una pagina che fa venire la pelle d'oca, o il solletico sulle gambe, o sulla nuca, o le lacrime, o il riso irrefrenabile.

 

Le tappe del lavoro partiranno dall’allenamento del corpo a fare e ad ascoltare, per attraversare l’esperienza dell’incontro tra le persone nel cerchio del lavoro comune, e giungere al confine dell’ignoto, ad esplorare l’insanabile confine tra attore e spettatore.

- L’allenamento: la postura, il movimento, la voce, l’energia.

- La relazione: lo sguardo, il contatto, l’ascolto, la fiducia

- L’esplorazione: la memoria, l’emozione, il gioco, l’abbandono

- La disciplina: le partizioni dello spazio, del tempo, la maschera, la trasparenza.

 

Equipaggiamento: abiti comodi e per il pranzo di domenica - momento integrante del lavoro - un "sapore" ispirato al viaggio verso l'Oriente.

 

Al laboratorio possono partecipare tutti, ognuno con la propria grande o nulla esperienza di palcoscenico.

 

  

 

 

Carlo PRESOTTO

è nato a Venezia, dove è docente di animazione e teatro ragazzi. Sviluppa da diversi anni una propria ricerca teatrale al confine tra lavoro della maschera, (tradizionale ed elettronica) e narrazione. Ha lavorato come attore sotto la regia di Titino Carrara, Orazio Costa, Marco Baliani, Giacomo Verde, Mauro Maggioni, Giancarlo Marinelli. Dal 1998 la sua occupazione principale consiste nel raccontare storie ai bambini. È direttore artistico de La Piccionaia I Carrara e del teatro Villa dei Leoni di Mira.

 

 

 

Bibliografia

 

Maria Bellonci

IL MILIONE DI MARCO POLO, Varia, Mondadori, 2003                                           

Tra gli uomini e le donne del Rinascimento e del Medioevo cui Maria Bellonci dedicò la sua opera, Marco Polo esercitò su di lei una profonda influenza, tanto da farle intraprendere un lungo lavoro di riscrittura del Milione in una lingua "libera ma fedelissima" alla voce del grande viaggiatore veneziano. In questa nuova edizione la ricostruzione testuale della Bellonci è accompagnata da preziose miniature a colori che ripercorrono la straordinaria avventura poliana e da illustrazioni, note di commento e brevi saggi che ne chiariscono il contesto storico, geografico e culturale: dalla figura dei protagonisti alle religioni e ai costumi dei popoli d'Asia, alla natura, favolosa oltre ogni immaginazione, dell'immenso continente.

altra edizione disponibile

IL MILIONE, RAI-ERI, 1990                                             

 

Italo Calvino, LE CITTÀ INVISIBILI, Oscar opere di Italo Calvino, Mondadori, 1996          

La prima edizione dell'opera fu pubblicata nel novembre del 1972 dall'editore Einaudi di Torino. Al momento dell'uscita del libro, Calvino ne parlò in articoli ed interviste su vari periodici, tra la fine del '72 e l'inizio del '73. Nel testo è possibile fare riferimento a città, più o meno note, ma che sono in realtà tutte inventate, ed hanno ognuna un nome di donna. Il modo in cui è suddiviso il libro, ci suggerisce il tipo di lavoro dell'autore, egli, infatti, scrive in serie, utilizzando una serie di cartelle dove inserisce il materiale che scrive o solamente appunti di cose che vorrebbe scrivere. Per questo lavoro ha realizzato 11 "pezzi", di cinque serie ciascuno, raggruppati in capitoli di serie diverse, ma che hanno tutte un clima comune. "Le città invisibili" si presentano come una serie di relazioni di viaggio che Marco Polo fa da Kublai Kan, imperatore dei tartari. Il re, un uomo malinconico, ha compreso come il suo sterminato potere conti ben poco se paragonato allo stato di decadenza e rovina in cui vige il mondo. Il viaggiatore che racconta di città impossibili. Suggestivi sono i commenti dei due personaggi ad ogni inizio capitolo. L'atlante che possiede il Gran Kan, oltre a riportare minuziosamente le città dell'impero, ci svela anche tutti quei posti che non sono stati ancora scoperti o visitati. Questo libro può essere inteso come la volontà dell'autore di affrontare il problema, mai risolto, del rapporto fra uomo e natura visto nel binomio città-ambiente naturale. Calvino, nella veste di Marco Polo, termina dicendo:"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che forniamo stando insieme...". Ma l'autore fa notare che ci sono pezzi che si possono considerare migliori come evidenza visionaria, e le figure filiformi sono la zona più luminosa del libro.

 

Hugo Pratt, LA CASA DORATA DI SAMARCANDA, Tascabilizard, Lizard, 2004                  

Siamo nel 1921 e Corto Maltese viaggia insieme a Rasputin dentro un'avventura che si snoda dalla Turchia all'Azerbaijan, Turkistan, Kafiristan (dove prima Rudyard Kipling e poi John Houston ambientarono L'uomo che volle farsi re) e Pakistan, alla ricerca di una prigione dal nome assai bizzarro: la casa dorata di Samarcanda. Ma soprattutto di un favoloso quanto mitico tesoro...

 

Lao-tzu LA VIA DEL TAO

altre edizioni disponibili

IL LIBRO DELLA SAGGEZZA, I classici per tutti, Baldini Castaldi Dalai, 2005                   

LA REGOLA CELESTE. IL LIBRO DEL TAO, I classici blu, BUR Rizzoli, 2004                   

TAO TE CHING, Oscar varia, Mondadori, 2001,                                                                        

TAO TE CHING. IL LIBRO DELLA VIA E DELLA VIRTÙ, Gli Adelphi,Adelphi,1994             

TE TAO CHING. IL LIBRO DELLA VIRTÙ E DELLA VIA (a cura di Augusto Vitale), Moretti e Vitali, 2004      

“In uno dei suoi momenti cupi, Pascal dice che tutta l'infelicità dell'uomo proviene da una causa sola, non sapersene star quieto in una stanza. Ma neppure a Lao-tse riusciva quello che lui auspicava a se stesso: il saggio conosce il mondo e non ha mai aperto la finestra. Proprio come dice il libro del Tao, siamo tutti sulla via. Questo mondo è nomade. La maggior parte degli uomini ha bisogno del movimento. Cambiamento di moda, di cibo, di clima, di amore e di paesaggio. Solo chi conosce il movimento può chiudersi davvero in una stanza. Sa essere fedele solo chi ha attraversato molte infedeltà." (Bruce Chatwin)

 

Sun Tzu L’ARTE DELLA GUERRA

altre edizioni disponibili

L’ARTE DELLA GUERRA. Grandi tascabili economici, Newton & Compton, 2004           

L’ARTE DELLA GUERRA, Oscar varia, Mondadori, 2003,                                                      

Composto in Cina ben 500 anni prima della nascita di Cristo, questa "Arte della guerra" rappresenta il più antico trattato di strategia militare. Il suo contenuto ha influenzato ampiamente nei secoli la filosofia orientale, e oggi questo testo viene utilizzato nelle scuole di management in tutto il mondo. Perché Sun Tzu non si limita a dare precetti per sconfiggere i nemici sul campo di battaglia. Ma ci insegna a gestire i conflitti in modo profondo e non distruttivo, perché anche nella nostra vita quotidiana "la miglior battaglia è quella che vinciamo senza combattere".

 

Dong Yue, IL SOGNO DELLO SCIMMIOTTO, I pipistrelli, Marsilio, 1992

Il Sogno dello Scimmiotto, scritto nel 1640, prende spunto da una delle più famose opere della letteratura cinese, Il viaggio in Occidente di Wu Cheng’en (1500,1582), ispirata a sua volta a un fatto reale, l’avventurosa spedizione in India del monaco Xuanzang alla ricerca di testi buddhisti. Su Xuanzang, sul suo viaggio e sui leggendari suoi compagni, tra i quali il più famoso è appunto lo Scimmiotto, fiorì una grande tradizione orale e scritta. In questo romanzo, che lo vede protagonista, lo Scimmiotto sembra assommare in sé tutte le qualità complesse e contradditorie dell’archetipo: è insieme animale uomo demone dio. E il suo viaggio pieno di peripezie tra il meraviglioso e il verosimile, è un viaggio allegorico che si configura come uno smarrimento della mente e del cuore e un conseguente, faticoso cammino verso l’illuminazione. Il travagliato pellegrinaggio verso la salvezza e la verità diventa però anche un’esplorazione profonda della psiche, che tradisce un’inquietudine esistenziale e un malessere morale molto vicini alla sensibilità moderna. Avventure picaresche e fantasie erotiche, frammenti di storia e satira politica, massime moralistiche, metafore, allegorie, segnano le tappe di una ricerca che può essere letta e interpretata anche come un viaggio all’interno dell’io.

 

Matteo Ricci, DELL’AMICIZIA, Quodlibet, 2005           

Il "Dell'amicizia" (Nanchang 1595) è la prima opera in cinese composta da Matteo Ricci. Per mezzo di essa, presentando in 100 sentenze tratte dai classici antichi il pensiero dell'Occidente sull'amicizia, Ricci intendeva mostrare che la civiltà cinese e quella europea coincidevano su temi fondamentali. L'opera stupì la Cina e conobbe un grande successo: Ricci aveva compreso che la sua missione e il tentativo di accendere il dialogo tra Oriente e Occidente potevano costruirsi unicamente sul saldo fondamento della conoscenza reciproca e dell'umana amicizia. In questa edizione vengono pubblicati - oltre alla ristampa dell'edizione cinese a stampa con traduzione italiana a fronte - il testo autografo della redazione italiana di Ricci.

 

 

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